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5 luglio 2012 - ore 06:59
Il ruggito di LiebermanL’irriducibile ministro degli Esteri d’Israele a colloquio con il Foglio: "Teheran è una minaccia per tutto il mondo. Siamo pronti a ogni opzione”. "Non lasceremo i Territori come Gaza”. Tolosa? "Un pogrom”Avigdor Lieberman
non ama i giornalisti. Non sorride quasi mai. Non ammicca. Non
blandisce l’opinione pubblica. Il vicepremier e ministro degli Esteri
israeliano è passato da Roma, dove ha incontrato il premier Mario Monti,
il suo omologo italiano, Giulio Terzi di Sant’Agata ed esponenti del
precedente governo Berlusconi. La scorsa settimana il vicepresidente iraniano, Mohammad Reza Rahimi, a una conferenza dell’Onu sulla droga ha accusato gli ebrei di essere dietro al traffico di stupefacenti. Secondo Lieberman, "il regime iraniano non è composto da malati di mente, ma da fanatici antisemiti con una dottrina strutturata, corredata di un preciso progetto globale che comprende il principio di base, che essi sono ben disposti ad esplicitare, di passare attraverso la distruzione di Israele. Anche Hitler diceva cose folli, ma poi mise in pratica davvero il suo programma. Oggi la situazione è diversa: Israele non permetterà che ad alcun ebreo venga fatto impunemente del male. Ma finché la comunità internazionale non si ravvede e il regime degli ayatollah non esce dalla scena, continueranno a incombere senza ostacoli una chiara minaccia alla pace del mondo e una precisa ricetta per la catastrofe”. Secondo Lieberman, Teheran è una minaccia strategica per tutto l’occidente. "L’antisemitismo iraniano non proviene soltanto dal vicepresidente, ma anche dal presidente Ahmadinejad che nega l’Olocausto, così come ogni settimana gli iraniani annunciano che butteranno a mare gli ebrei. Perché la comunità internazionale continua a legittimare questo regime iraniano? Teheran ha relazioni con tutti i paesi occidentali. Il regime iraniano non odia soltanto gli ebrei, ma tutta l’umanità. Hanno attaccato le ambasciate occidentali a Teheran, sostengono la soppressione brutale del regime siriano, sopprimono la dissidenza, giustiziano centinaia di persone per la sharia o l’opposizione politica, ci sono giornalisti in carcere, non hanno ritirato la fatwa contro Salman Rushdie. Eppure il regime è ancora accettato in occidente”. I mullah corrono verso la bomba nucleare. Lieberman,
che siede nell’"ottetto”, il ristrettissimo consiglio di sicurezza che
prende le decisioni, è molto scettico sulle sanzioni e i colloqui,
lascia intendere che Gerusalemme valuta l’attacco preventivo per
fermarli: "Nonostante le sanzioni e i talks con l’occidente, gli
iraniani continuano nel loro programma nucleare e nella costruzione
della bomba atomica. Stanno persino accelerando il progetto atomico e
hanno appena annunciato nuove esercitazioni militari. Israele sta
cercando di convincere il mondo a essere aggressivo e a prendere una
vera decisione. Faremo quello che reputeremo necessario, teniamo ogni
opzione sul tavolo”. Secondo Lieberman, il mondo arabo ha bisogno di
maturare una classe media. "C’è un’incomprensione di fondo sulla
questione palestinese e in generale fra Israele e il mondo arabo. Nel
mondo arabo e palestinese non esiste una middle class, che è necessaria
per una vera democrazia, una politica pacifica e la stabilità sociale.
Oggi nel mondo palestinese hai differenti entità, come ‘Hamastan’ a Gaza
e la ‘Fatahland’ in Giudea e Samaria, hanno persino posticipato per tre
volte le elezioni non solo presidenziali ma anche parlamentari. Serve
crescita economica e incrementare la collaborazione sulla sicurezza. Il
reddito pro capite israeliano è di 31 mila dollari, quello palestinese
di tremila. Quando i palestinesi arriveranno a 15 mila il conflitto sarà
risolto”. A proposito di insediamenti, il ministro abita nella colonia
di Nokdim, con la moglie e i figli ad aspettarlo nel cuore della Giudea
ogni notte. "Da molti anni vivo in una colonia”, dice Lieberman. "Per me
è stata una scelta esistenziale, crescere lì i miei figli, che oggi
vanno all’università. Sono felice della scelta che ho fatto”. Infine, una nota personale. Figlio di un veterano dell’Armata rossa catturato dai tedeschi e come molti altri ex prigionieri finito per qualche anno nei gulag staliniani, Lieberman ha una storia unica ai vertici della politica israeliana, da immigrato ventenne senza un soldo in tasca, soldato di fanteria fino a una quantità di cariche sia di ministro che da grand commis nei governi di Benjamin Netanyahu e Ariel Sharon. "Mio padre è stato esiliato dai sovietici in Siberia”, ci dice Lieberman. "La mia storia è l’ennesima prova che le società aperte hanno come limite soltanto il cielo. Sono cresciuto in Unione sovietica(Nota:In Repubblica Sovietica Socialista Moldava) e il giorno stesso in cui sono arrivato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ho cercato di dare una mano a Israele, e oggi ne sono il ministro degli Esteri. Israele è una grande democrazia, ogni anno abbiamo premi Nobel, eccellenze nella ricerca, nuove compagnie, e meravigliosi giovani che servono nelle unità combattenti dell’esercito. Si assumono dei rischi ogni giorno, combattono per la propria sopravvivenza”. © - FOGLIO QUOTIDIANO | |
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